Il Noce
Da Vedere
Localita: Castello di Poggiodomo
Si tratta probabilmente del noce più vecchio d'Italia e forse d'Europa.
La chioma è sbilanciata staticamente e non si sa per quanto ancora l'albero possa vivere. I secoli di vita di questo patriarca dimostrano comunque quanto il suo corredo genetico sia adattato all’ambiente e possa garantire resistenza alle avversità anche alle piante che da essa possono derivare in futuro. L’albero è situato presso il centro di Poggiodomo, invia del Colle, subito sopra il Centro di educazione Ambientale “Il Sentiero”.
Maestoso e imponente, il noce ha ricevuto nella tradizione una curiosa eredità, che vede da un lato l’albero, fulcro di credenze allarmanti e investito di potere negativo, dall’altro il frutto, come strumento di guarigione e simbolo di fertilità. Nell’antichità preellenica il noce era consacrato a una misteriosa divinità della morte chiamata kar o ker, diventata presso i greci core, la “fanciulla” rapida da ade e diventata dea degli inferi con il nome di Persefone (in latino Proserpina).
Il contrasto stesso con l’albero è stato ritenuto nei secoli nocivo e dannoso, presso diverse culture; giunge ancor oggi voce alle campagne che chi si addormenta sotto un noce rischierà di svegliarsi preda di un violento mal di testa, se non addirittura febbricitante, perché colpito da emanazioni velenose; secondo una credenza contadina, poi, se le radici di un noce penetrano nelle stalle fanno morire il bestiame.
Non si tratta per la verità di superstizioni del tutto gratuite, dal momento che la medicina moderna ha effettivamente individuato nelle radici delle pianta una sostanza tossica, la juglandina. Questa danneggia e causa la morte degli alberi che si trovano vicini, al punto che il noce si erge sempre in aree isolate. Nonostante l’aura negativa che gli ha sempre aleggiato intorno, l’albero porta un frutto benefico e benvoluto.
Proprio la nux latina ha dato il nome alla pianta: il termine identificava a dire il vero tutti i frutti di cui si consumava solo il seme, dunque anche le mandorle, le castagne, persino le pigne… ma essa nello specifico godeva presso i Romani dell’appellativo “ghianda di Giove”, come se si trattasse di un dono del dio, con esso si neutralizzavano i veleni; con i gusci si curavano i denti cariati; con il mallo si curava la dissenteria, e questi non sono che alcuni degli utilizzi nella medicina antica. Segno di abbondanza e ricchezza, secondo una testimonianza di Plinio le noci venivano lanciate agli sposi come augurio di prosperità e ancora verso la metà del XIX secolo a Gallica, nel tarn, si faceva cadere una gragnola di noci ai piedi dell’altare durante i matrimoni. Nello stesso periodo, nei villaggi della alte alpi, lungo la via dove dovevano passare gli sposi, si preparavano su un tavolo due noci candite, una per ciascuno, e un bicchierino di liquore che essi si sarebbero divisi, per augurar loro di vivere uniti come le valve di una noce.
(Fonte http://www.caicsvfg.it/wp-content/uploads/2010/04/08agosto2016.pdf)